MIGLIOR OSSESSIONE
Non ho mai creduto alle deformazioni professionali. Alla rigida serietà e all’essere ligio al dovere. Penso che la carne sia estremamente debole, e l’uomo è fatto di carne…
Da dietro l’obiettivo della sua reflex mi stava mangiando da più di mezz’ora. Potevo ben percepirlo, dal suo silenzio alternato a qualche “Girati a destra…alza un po’ il capo…sorridi appena…piegati in avanti…”. Di fronte all’obiettivo, come a letto, riesco a tirar fuori ciò che voglio: sensualità o erotismo, eleganza o perversione.
Mi aveva dato una camicia da notte corta sulle cosce, di pizzo rosa, che lasciava intravedere l’intimo, di colore nero con decorazioni rosa ricamate. Anch’esso semitrasparente, ben aderente di una mezza misura più piccolo, lasciava intravedere il color carne dei miei capezzoli. Tutti vestiti prestati da M. , che usava per le sue modelle. Ne aveva molti: magliette, vestiti da sera, costumi, intimo… Il set era semplicissimo: sfondo bianco, una poltrona da una parte, un letto dall’altra, e nient’altro.
«Bene così…» alternò lo sguardo tra me e lo schermo della reflex «…penso che abbiamo finito.».
Lo disse con impassibilità. Con la professionalità di sempre. Anche io faccio foto nel tempo libero: la fotografia mi affascina da morire, così come i fotografi. Quelli veri, artisti, che sanno cogliere l’essenza delle cose andando oltre l’apparenza. Quelli che si fingono tali, lo fanno solo per rimediare fantasie su corpi seminudi. Non era il caso di M. . Io e lui abbiamo collaborato più volte e si è sempre comportato bene, nonostante il mio corpo, nonostante le mie provocazioni. Mi diverte flirtare, quasi più del sesso stesso. È la costruzione dell’orgasmo.
M. è un ragazzo alto con le spalle larghe, ma non eccessivamente muscoloso seppur ben fatto. I capelli corti, ricci, scuri. Gli occhi verdi, intensi, ma con un sottofondo costante di cupezza.
«Già fatto??» accentuai lo stupore. «Dai, fanne altre. Non si sa mai… ‘spetta.».
Presi le spalline sottilissime della camicia da notte e mi alzai in piedi. Lasciai la sottilissima stoffa scivolare giù, accarezzandomi il corpo in tutta la sua altezza, per poi togliere le gambe dal suo abbraccio sollevandole e portandomi, col solo intimo, sul letto.
M. , con la solita indifferenza professionale, riprese a skattare per non lasciarsi sfuggire espressioni, sguardi, sorrisi. In fondo c’era abituato a fotografare modelle in costume e in intimo. Nudi artistici no, mai fatti: riteneva inutile un corpo nudo, poiché quel che conta è la sua anima, la sua essenza. Stronzate.
Volevo divertirmi un po’. Fargli vedere che anche lui, come chiunque, è fragile di fronte a una donna. Provocatrice per natura.
Sorrisi. Sorrisi meglio che potevo e scorsi, dietro alla macchina, anche lui sorridere appena. Mi morsi il labbro inferiore. Lo tagliai con lo sguardo.
«Il set è tuo. Finché vuoi, io skatto…» mi dette il via libera e non potevo non approfittarne. Stronza, trasformai quello che era un gesto carino e disponibile in uno pseudo-incubo per lui.
Portai le mani sui seni, e poi...
CONTINUA QUI:
http://goccedime.altervista.org/miglior-ossessione/
Da dietro l’obiettivo della sua reflex mi stava mangiando da più di mezz’ora. Potevo ben percepirlo, dal suo silenzio alternato a qualche “Girati a destra…alza un po’ il capo…sorridi appena…piegati in avanti…”. Di fronte all’obiettivo, come a letto, riesco a tirar fuori ciò che voglio: sensualità o erotismo, eleganza o perversione.
Mi aveva dato una camicia da notte corta sulle cosce, di pizzo rosa, che lasciava intravedere l’intimo, di colore nero con decorazioni rosa ricamate. Anch’esso semitrasparente, ben aderente di una mezza misura più piccolo, lasciava intravedere il color carne dei miei capezzoli. Tutti vestiti prestati da M. , che usava per le sue modelle. Ne aveva molti: magliette, vestiti da sera, costumi, intimo… Il set era semplicissimo: sfondo bianco, una poltrona da una parte, un letto dall’altra, e nient’altro.
«Bene così…» alternò lo sguardo tra me e lo schermo della reflex «…penso che abbiamo finito.».
Lo disse con impassibilità. Con la professionalità di sempre. Anche io faccio foto nel tempo libero: la fotografia mi affascina da morire, così come i fotografi. Quelli veri, artisti, che sanno cogliere l’essenza delle cose andando oltre l’apparenza. Quelli che si fingono tali, lo fanno solo per rimediare fantasie su corpi seminudi. Non era il caso di M. . Io e lui abbiamo collaborato più volte e si è sempre comportato bene, nonostante il mio corpo, nonostante le mie provocazioni. Mi diverte flirtare, quasi più del sesso stesso. È la costruzione dell’orgasmo.
M. è un ragazzo alto con le spalle larghe, ma non eccessivamente muscoloso seppur ben fatto. I capelli corti, ricci, scuri. Gli occhi verdi, intensi, ma con un sottofondo costante di cupezza.
«Già fatto??» accentuai lo stupore. «Dai, fanne altre. Non si sa mai… ‘spetta.».
Presi le spalline sottilissime della camicia da notte e mi alzai in piedi. Lasciai la sottilissima stoffa scivolare giù, accarezzandomi il corpo in tutta la sua altezza, per poi togliere le gambe dal suo abbraccio sollevandole e portandomi, col solo intimo, sul letto.
M. , con la solita indifferenza professionale, riprese a skattare per non lasciarsi sfuggire espressioni, sguardi, sorrisi. In fondo c’era abituato a fotografare modelle in costume e in intimo. Nudi artistici no, mai fatti: riteneva inutile un corpo nudo, poiché quel che conta è la sua anima, la sua essenza. Stronzate.
Volevo divertirmi un po’. Fargli vedere che anche lui, come chiunque, è fragile di fronte a una donna. Provocatrice per natura.
Sorrisi. Sorrisi meglio che potevo e scorsi, dietro alla macchina, anche lui sorridere appena. Mi morsi il labbro inferiore. Lo tagliai con lo sguardo.
«Il set è tuo. Finché vuoi, io skatto…» mi dette il via libera e non potevo non approfittarne. Stronza, trasformai quello che era un gesto carino e disponibile in uno pseudo-incubo per lui.
Portai le mani sui seni, e poi...
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10 年 前