La cabina
Apro gli occhi, il sole è sceso sul mare e ha reso tutto di quel colore dorato che precede la notte. Mi ero addormentato tra le urla dei bambini che giocano sulla battigia, il silenzio invece culla questo risveglio stanco. Mi tiro su, il lettino mi ha lasciato qualche segno addosso e mentre mi guardo intorno stropicciandomi la faccia impiastrata di salsedine e sudore, metto a fuoco, mi giro e 'improvviso poggio i miei occhi su di lei.
Donna, bella, con un cappello a frangia larga di quelli che ormai non si portano più poggiato sul parasole del lettino. I miei occhi scorrono lungo i seni, camminano sull’abbronzatura dei suoi fianchi e si fermano allo stacco del costume. Slacciato. Doveva averlo sciolto per l’abbronzatura. La brezza invece l’aveva rigirato un po’ lasciando uscire qualche pelo. Mi fermo lì con gli occhi. Inizia a prendere forma nella testa qualche dolce fantasia che mi riporta a quando sbirciavo nelle cabine da bambino sperando di vedere un seno di qualche mamma. Mi soffermo troppo. Qualcosa la fa girare e le fa notare il mio sguardo. Si tira su per allacciare quei due fili azzurri che uno stilista aveva pensato sufficienti a reggere il resto. Mi guarda. Sono leggermente imbarazzato ma quella fantasia mi da coraggio e non tolgo i miei occhi dai suoi.
Si alza e mette il pareo lungo i fianchi, prende il cappello bianco e va verso la passerella in cemento mentre i miei occhi non smettono di seguirla. I suoi tornano a guardarmi per un istante, lo stesso istante in cui un sorriso malizioso le muove le gote. È un invito. Non può essere altro. Mi alzo lasciando lo zaino sotto l’ombrellone, al sole, l’ombra lunga va lontano, nella direzione opposta di dove va lei.
La seguo lontano, non ho idea di dove vada, non ho idea se ha un altro uomo. Se dovesse esserci spero gradisca la presenza del mio cazzo che ha iniziato a farsi duro nel costume.
Ventidue. Il numero della cabina dove entra poco prima di voltarsi un’ultima volta verso di me mentre toglie il cappello e lascia cadere il pareo. Era sicura la seguissi, voleva darmi la sicurezza di entrare.
La poca luce che filtra dalle fessure in alto rende tutto godibile al tatto e ai sapori. Ne ha tanti sul corpo. Le labbra sanno di mare. Le spalle di crema solare. I seni di pelle umida, il costume non era del tutto asciutto.
Torno a baciarle le labbra, non dice nulla, mi lascia fare. Qualche spasmo mentre tira su la tesa allungando il collo, qualche spasmo mentre le mie labbra si dedicano al collo.
È tonica. Slaccio a fatica il costume da dietro le spalle. È bagnato. Cade terra. Le mani sui suoi seni rimangono tese mentre con la bocca scendo sotto l’ombelico. Sono duro. Le sue mani slacciano i laccetti sui fianchi. Cade l’altra metà del costume. Il pareo è sotto le mie ginocchia. Sa di mare anche tra le gambe. Di mare e di umori. Lecco. Passo la lingua anche su quei peli che avevano mosso la mia fantasia. Il cazzo spinge contro il velcro. Lei sorride. Si volta scavalcando la mia testa con la gamba come fosse in calore come ad invitarmi a prenderla per i fianchi.
Un po’ di sabbia sulle labbra. Un po’ tra le gambe. Tiro fuori il cazzo. È turgido, venoso. La cappella gonfia. Lei, bagnata dal mare e dalla mia saliva allarga un po’ le gambe. Entro. Un leggero gemito. Non c’era delicatezza nel mio gesto, solo foga. L’anca spinge il cazzo, l’anca sbatte sul suo sedere sodo. Le afferro i fianchi. Ad ogni colpo secco la tiro a me con le mani. Penso al marito, chissà se ce n'è uno, chissà se se la scopa così. Penso a farla godere. I miei occhi cadono a vedere il cazzo inumidito che entra ed esce prendendo il sapore del mare e sfregando su un po’ di sabbia. Non da fastidio. È quasi piacevole tanto sono eccitato. Lei si volta verso di me. Un sorriso malizioso ancora mentre mi prende una mano e la porta sul seno. Stringo. Il capezzolo è turgido. Il mio cazzo lo diventa di più. Sento lo sperma pulsare mentre mi piego su di lei e le ansimo vicino un orecchio. Spingo più forte. Sento le vene che si gonfiano. Sento il suo respiro.
Non venirmi dentro.
Troppo tardi. L’aveva detto mentre sentiva il liquido caldo uscire. L’aveva detto mentre spingeva il culo verso le mie anche ferme. Lo voleva sentire.
Il cazzo smette di pulsare. Mi lascia tirarmi indietro. Vedo lo sperma colare mentre si volta verso di me. È sudata, sorride.
- Che fai non pulisci?
Non dico nulla. Dovevo farlo, non voleva le venissi dentro. Almeno a parole.
M’inginocchio di nuovo sul pareo e inizio a leccare. Lecco umori e sperma. Lei mi guarda dall’alto. Io guardo lei.
Il sole ci ha lasciati al buio.
Di sapore del mare non ne è rimasto più.
A. Tiburzi
Dedicato a panna1969
Donna, bella, con un cappello a frangia larga di quelli che ormai non si portano più poggiato sul parasole del lettino. I miei occhi scorrono lungo i seni, camminano sull’abbronzatura dei suoi fianchi e si fermano allo stacco del costume. Slacciato. Doveva averlo sciolto per l’abbronzatura. La brezza invece l’aveva rigirato un po’ lasciando uscire qualche pelo. Mi fermo lì con gli occhi. Inizia a prendere forma nella testa qualche dolce fantasia che mi riporta a quando sbirciavo nelle cabine da bambino sperando di vedere un seno di qualche mamma. Mi soffermo troppo. Qualcosa la fa girare e le fa notare il mio sguardo. Si tira su per allacciare quei due fili azzurri che uno stilista aveva pensato sufficienti a reggere il resto. Mi guarda. Sono leggermente imbarazzato ma quella fantasia mi da coraggio e non tolgo i miei occhi dai suoi.
Si alza e mette il pareo lungo i fianchi, prende il cappello bianco e va verso la passerella in cemento mentre i miei occhi non smettono di seguirla. I suoi tornano a guardarmi per un istante, lo stesso istante in cui un sorriso malizioso le muove le gote. È un invito. Non può essere altro. Mi alzo lasciando lo zaino sotto l’ombrellone, al sole, l’ombra lunga va lontano, nella direzione opposta di dove va lei.
La seguo lontano, non ho idea di dove vada, non ho idea se ha un altro uomo. Se dovesse esserci spero gradisca la presenza del mio cazzo che ha iniziato a farsi duro nel costume.
Ventidue. Il numero della cabina dove entra poco prima di voltarsi un’ultima volta verso di me mentre toglie il cappello e lascia cadere il pareo. Era sicura la seguissi, voleva darmi la sicurezza di entrare.
La poca luce che filtra dalle fessure in alto rende tutto godibile al tatto e ai sapori. Ne ha tanti sul corpo. Le labbra sanno di mare. Le spalle di crema solare. I seni di pelle umida, il costume non era del tutto asciutto.
Torno a baciarle le labbra, non dice nulla, mi lascia fare. Qualche spasmo mentre tira su la tesa allungando il collo, qualche spasmo mentre le mie labbra si dedicano al collo.
È tonica. Slaccio a fatica il costume da dietro le spalle. È bagnato. Cade terra. Le mani sui suoi seni rimangono tese mentre con la bocca scendo sotto l’ombelico. Sono duro. Le sue mani slacciano i laccetti sui fianchi. Cade l’altra metà del costume. Il pareo è sotto le mie ginocchia. Sa di mare anche tra le gambe. Di mare e di umori. Lecco. Passo la lingua anche su quei peli che avevano mosso la mia fantasia. Il cazzo spinge contro il velcro. Lei sorride. Si volta scavalcando la mia testa con la gamba come fosse in calore come ad invitarmi a prenderla per i fianchi.
Un po’ di sabbia sulle labbra. Un po’ tra le gambe. Tiro fuori il cazzo. È turgido, venoso. La cappella gonfia. Lei, bagnata dal mare e dalla mia saliva allarga un po’ le gambe. Entro. Un leggero gemito. Non c’era delicatezza nel mio gesto, solo foga. L’anca spinge il cazzo, l’anca sbatte sul suo sedere sodo. Le afferro i fianchi. Ad ogni colpo secco la tiro a me con le mani. Penso al marito, chissà se ce n'è uno, chissà se se la scopa così. Penso a farla godere. I miei occhi cadono a vedere il cazzo inumidito che entra ed esce prendendo il sapore del mare e sfregando su un po’ di sabbia. Non da fastidio. È quasi piacevole tanto sono eccitato. Lei si volta verso di me. Un sorriso malizioso ancora mentre mi prende una mano e la porta sul seno. Stringo. Il capezzolo è turgido. Il mio cazzo lo diventa di più. Sento lo sperma pulsare mentre mi piego su di lei e le ansimo vicino un orecchio. Spingo più forte. Sento le vene che si gonfiano. Sento il suo respiro.
Non venirmi dentro.
Troppo tardi. L’aveva detto mentre sentiva il liquido caldo uscire. L’aveva detto mentre spingeva il culo verso le mie anche ferme. Lo voleva sentire.
Il cazzo smette di pulsare. Mi lascia tirarmi indietro. Vedo lo sperma colare mentre si volta verso di me. È sudata, sorride.
- Che fai non pulisci?
Non dico nulla. Dovevo farlo, non voleva le venissi dentro. Almeno a parole.
M’inginocchio di nuovo sul pareo e inizio a leccare. Lecco umori e sperma. Lei mi guarda dall’alto. Io guardo lei.
Il sole ci ha lasciati al buio.
Di sapore del mare non ne è rimasto più.
A. Tiburzi
Dedicato a panna1969
4 年 前